Erano stati costruiti tanti robot per sostituire le faticose mansioni degli umani, ma con il passare del tempo gli umani fecero robot ancora più sofisticati, evoluti e migliori.
Solo che i vecchi robot non potevano essere buttati o riciclati: quindi venivano lasciati a marcire in grandi casse.
Ma c'era un robot vecchio, che era riuscito a non essere preso dalle autorità; quel robot si chiamava Juv-28 ed era semplicemente un esperimento: non aveva nessun obiettivo primario. Era alimentato da due batterie: una per la notte e una per il giorno, e mentre una non era in uso, l'altra si ricaricava.
Un giorno però, mentre Juv-28 era accasciato accanto ad un muricciolo, un bambino con i suoi genitori lo raccolse e lo portò a casa loro.
Così lo rimisero in sesto: aveva i cingoli ammaccati, aveva tutte le dieci dita delle mani arrugginite, aveva le braccia quasi ferme perché i circuiti erano tutti rotti; non aveva le orecchie, ma dei piccoli amplificatori. Gli occhi erano telecamere: ma una era rotta. Sulla fronte c'era scritto "Juv-28", ed aveva il corpo di colore azzurro chiaro; era fatto di acciaio e si muoveva lento, perché era molto arrugginito. Dopo che il robot venne riparato, chiese:
- Perché mi avete aggiustato ? -.
Il bambino, sorridendogli, rispose:
- Sembravi molto ammaccato, e poi perché così ci potrai dare una mano e potrai giocare con me.
Il robot, perplesso, chiese:
- Perché non avete preso un nuovo robot ? -
Il bambino rispose:
- Tu eri lì a portata di mano, quindi ti abbiamo preso -.
Il robot, infine, felice di essere in una famiglia, gioca con il bambino, felice anche lui; e si divertirono un sacco, per svariati anni.
Alex Morandini, alias Cipì